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Il segreto del ramen di Luca Catalfamo: nessuna regola
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Lunghi e spessi spaghetti immersi in un brodo denso e aromatico che arriva subito all’olfatto. Il ramen può sembrare un piatto esotico, estraneo alle nostre abitudini gastronomiche. Ma quando la ciotola, calda e avvolgente, arriva in tavola l’iniziale diffidenza evapora insieme ai profumi che invadono lo spazio. Se a questo si aggiunge un ambiente familiare e raccolto come quello che si ritrova da Casa Ramen Super a Milano apprezzare questo piatto è un attimo. Ne sa qualcosa Luca Catalfamo che ha fatto di un colpo di fulmine gastronomico la sua professione:

“Lavoravo a New York un po’ di anni fa e mi sono imbattuto in un posto dove c’era una coda fuori in attesa di un ramen, mi sono accodato e dopo una mezz’ora ho ricevuto il mio ramen. Diciamo che da lì è iniziata la mia esperienza nuova nel senso che mi sono buttato in questo piatto, ho fatto delle ricerche e anni dopo è diventato la mia passione e il mio lavoro insieme”.

 

Catalfamo ha trasformato una passione nella sua professione cinque anni fa con Casa Ramen, il primo ristorante specializzato in ramen nel quartiere Isola, a Milano. Le code per una ciotola di ramen – non si può prenotare in anticipo – sono state la prova del successo di questo ristorante al punto che in pochi anni ha bissato con un’altro locale, Casa Ramen Super a poche traverse di distanza:

“Casa Ramen Super nasce dalla volontà di fare qualcosa in più e fare un vero e proprio ristorante da ramen, con il comfort del ristorante dove puoi cenare o pranzare con un ramen. Cosa insolita perchè di solito sono posti sottodimensionati e informali”.

 

Cucinare un piatto che non appartiene alla propria tradizione e riuscire a farlo apprezzare anche a chi non lo conosce è stata una sfida che Luca Catalfamo ha scelto di affrontare, non senza un briciolo di incoscienza: “All’apertura avevo molta ansia da prestazione soprattutto nei confronti dei giapponesi che venivano a provare, poi dopo ho capito che la regola numero uno per il ramen è che non ci sono regole e ho deciso di farne una mia versione con tutti gli ingredienti che potevano ricordare l’Asia ma che fossero di Milano ma anche italiana. Cerco di ricreare il ricordo di quel ramen, di quel cibo a 10mila chilometri di distanza qui in Italia”.

 

Nei sogni di questo ristoratore di Cernusco sul Naviglio, il primo e unico italiano ad avere un ristorante all’interno del museo del ramen in Giappone, resta comunque New York, dove chissà che tra pochi mesi non possa vedere la vita un nuovo progetto:

“Altri progetti? Ce n’è uno nell’immediato ed è qualcosa che per ora non voglio svelare per scaramanzia però è molto concreto. E sarà un altro locale in un posto che amo in un posto molto romantico”.

 

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